Poche città al mondo possono vantare tante dominazioni: Greci, Romani, Bizantini, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Francesi, chiunque sia passato da Napoli ha lasciato il suo contributo indelebile nell’arricchimento di questa città che trasuda cultura, storia, arte, in cui sacro e profano non solo si incontrano, ma convivono tutt’oggi pacificamente. Per questo Napoli è una città da sezionare, scoprire e riscoprire a più livelli in più volte.
Non vi è angolo, vicolo, chiesa, cappella, palazzo, tunnel sotterraneo, scalinata, che non sia degno di nota, che non conservi una storia, che non sia stato vissuto da uno delle centinaia di artisti italiani e stranieri che di questa città hanno riconosciuto la fervida e spumeggiante intellettualità e che delle sue contraddizioni finirono per innamorarsi. In questo articolo tenteremo di riportare alla luce, qualche angolo di una Napoli segreta, consapevoli che tanto ci sarebbe ancora da raccontare e soprattutto da visitare.
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1. Palazzo dei Duchi di Casamassima
A Napoli, in Via dei Banchi Nuovi, c’è un palazzo sconosciuto ai più: si tratta del Palazzo dei Duchi di Casamassima, un palazzo storico, monumentale, cinquecentesco che ho scoperto per caso con il nome di Palazzo Casamassima in occasione di un esame universitario in Storia del teatro e di cui mi sono perdutamente innamorata non appena varcata la soglia. Maestoso, regale, elegante, nonostante i cambiamenti a cui è stato sottoposto nel tempo, nonostante le auto parcheggiate nel cortile, costituisce un perfetta convivenza tra passato e presente.
Raggiante nei suoi contrasti tra il giallo delle mura e le cornici in piperno; un cortile interno che è un vero punto di luce in una via in ombra. Un vero luogo segreto di Napoli e di silenzio dove si può percepire e assorbire, nonostante il caos cittadino di cui è avvolto, un gran senso di pace e di serenità ma anche il profumo di una storia che ci riporta al 1569 anno in cui fu costruito, dopo l’alluvione che aveva distrutto tutta la zona degli attuali banchi nuovi. Se vi capita di passare da queste parti, non dimenticate di fare capolino e ammirarne il raffinato stile rinascimentale.
2. Cimitero delle Fontanelle
A chi piacciono i cimiteri? Beh sicuramente in Italia i cimiteri non hanno il fascino dei cimiteri di Parigi ma forse una visita al Cimitero delle Fontanelle potrebbe farvi cambiare idea. Il Cimitero delle Fontanelle è un antico cimitero di Napoli scavato in un’enorme grotta di tufo nel cuore del Rione Sanità e che non assomiglia a nessun’altro. Al suo interno troverete centinaia e centinaia di teschi in bella mostra. Un po’ inquietante vero? In effetti sì ma la storia che nascondono è abbastanza commuovente.
Questo incredibile ossario, infatti, raccoglie i resti di almeno trecentomila persone morte nel 1656, anno della peste che flagellò la popolazione che ha dato vita ad un culto tutto particolare, il culto delle anime pezzentelle. Secondo quest’usanza locale, infatti, i napoletani più ricchi adottavano un teschio, gli davano addirittura un nome e quel teschio, quell'”anima pezzentella” diventava parte della famiglia. Chiuso nel 1969 a causa di questo culto considerato poco ortodosso, è stato riaperto nel 2010 ed è oggi è aperto al pubblico.
3. Sedia di Santa Francesca
Non occorre essere credenti per varcare la soglia della casa di Santa Maria Francesca e andare a sedersi almeno una volta sulla “sedia della fecondità”; bisogna però avere l’animo aperto, concedersi il beneficio del dubbio, o semplicemente come si dice a Napoli, abbracciare la filosofia del “non è vero ma ci credo”. La chiesa si trova all’inizio dei quartieri spagnoli in Vico Tre Re a Toledo, accanto alla chiesa c’è la casa dove la Santa ha vissuto e appena entrati il vostro sguardo sarà rapito dalla grande quantità di ex voto nastri rosa e azzurri, foto di bambini.
Sono tutti segni di riconoscenza per il miracolo ricevuto; nella stanza accanto la “sedia di Santa Francesca” è pronta ad accogliere tutte le donne. Se volete potete recitare una preghiera e condividere le vostre paure o preoccupazioni per la gravidanza che tarda ad arrivare, (ma non solo), con una suora di Santa Francesca. L’atmosfera di sacralità, ma al tempo stesso di intimità femminile che si respira, vi rasserenerà e vi riempirà il cuore di pace e di gioia; ringrazio mia nonna, la quale ha insistito tanto affinché ci andassi.
4. Napoli sotterranea
Una visita di Napoli non può essere completa senza un’escursione delle sue profondità che consentono al visitatore di fare viaggio nel tempo lungo duemila e quattrocento anni. Impressionante è, infatti, l’intricato sistema di tunnel e cunicoli scavati nel tufo, a quaranta metri di profondità che raccontano le diverse epoche della storia di questa città dalla fondazione della Neapolis alle bombe della seconda guerra mondiale. Certo, non è una visita per tutti soprattutto non per chi soffre di claustrofobia.
Tuttavia, vale la pena di farci un pensierino perché è un modo assolutamente unico di conoscere e scoprire Napoli e la sua storia e conoscere tutti i segreti che si celano dietro la realizzazione di queste cavità sotterranee avvenuta in epoca romana con lo scopo di creare una fitta rete di acquedotti e alimentare così fontane ed abitazioni situate in diverse aree della città superiore, in seguito sfruttata come rifugio antiaerei per proteggersi dai disastrosi bombardamenti che colpirono la città.
5. Porta San Gennaro
La Porta di San Gennaro si trova in via Foria, di fronte Piazza Cavour ed è la porta più antica della città tanto che la sua presenza è testimoniata da documenti risalenti all’anno 928, periodo in cui era diffusa la paura per i Saraceni, ed era l’unico punto di accesso per chi proveniva dalla parte settentrionale di Napoli. Il suo nome deriva non solo dal fatto che da qui partiva l’unica strada che portava alle Catacombe di San Gennaro ma anche dall’affresco sovrastante la porta, commissionato come ex voto da Mattia Preti dopo la terribile peste che colpì Napoli nella metà del 1600.
Ci sono sette porte antiche a Napoli, su ciascuna l’artista vi riprodusse un quadro come x voto, sette speranze dunque che la peste passasse. Questo affresco che raffigura San Gennaro, insieme con Santa Rosalia e San Francesco Saverio che implorano la fine dell’epidemia è l’unico non andato perso. Amo l’idea che questa porta abbia assistito allo scorrere del tempo non in modo statico e solenne, bensì, coinvolta dal popolo, abbia partecipato in prima linea alla protezione di Napoli, non solo fisicamente, come nel caso dei saraceni, ma anche iconograficamente, quasi come reincarnazione dello stesso San Gennaro, contro le pestilenze.
Tutt’oggi Porta San Gennaro si fa custode della città antica, varcata la soglia infatti, un’altra Napoli si presenta ai nostri occhi, ci ritroviamo nella zona dei Decumani, la zona greca, la più antica della città; i vicoli in quel tratto non seguono perfettamente il classico schema stradale greco ortogonale (a griglia sostanzialmente), sul quale è impostato la città antica, ma sembrano quasi accavallarsi gli uni sugli altri diventano quasi una matassa che tende a sbrigliarsi lentamente mano a mano che si arriva nel cuore dei Decumani stessi.