Certosa di Padula, patrimonio unesco - Cilento Campania

Visitare la Certosa di San Lorenzo: un itinerario di arte e pace

La Certosa di San Lorenzo, conosciuta anche come Certosa di Padula, è una perla nascosta fra la pianura e il borgo valdianese, nella zona orientale del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. Vista la posizione geografica, un po’ isolata dai grandi centri urbani della provincia, questa parte di entroterra campano, si può raggiungere da Sud e da Nord attraverso l’autostrada o anche attraverso strade interne dai paesi limitrofi.

Percorrendo la grande arteria, la Certosa non è ben visibile, ciò che si riesce a vedere, invece, è il paese che l’accoglie. Basterà l’immagine delle case arroccate sulla collina a far capire a chi si accinge a raggiungerlo, che è valsa la pena fare tanta strada.

La Certosa è uno dei più grandi complessi monumentali e monastici dell’Italia meridionale nonché d’Europa, sia per la sua magnificenza architettonica sia per l’abbondanza dei tesori artistici in essa presenti. La sua costruzione è stata voluta dal conte di Marsico e Signore del Vallo di Diano, Tommaso Sanseverino, con la speranza che la presenza dei monaci certosini potesse accelerare i lavori di bonifica del territorio, reso paludoso a causa delle inondazioni del fiume Tanagro. Infatti, Padula, notasi  la trasposizione delle lettere D e L, deve il suo nome proprio alla conformazione geografica della pianura sottostante. I lavori iniziarono nel 1306, per poi proseguire, fra ristrutturazioni e ampliamenti, fino al 1800 circa.

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La Certosa prevede l’ingresso alla Corte esterna, che consiste in un cortile rettangolare su cui si affacciavano diversi ambienti di servizio, adibiti a uso commerciale, e l’ingresso vero e proprio, la cui facciata, di origine cinquecentesca, realizzata in pietra di Padula  e scandita dall’ordine dorico delle colonne, è stata completata nel 1700 circa, con l’aggiunta di pinnacoli e statue di stile barocco. Tra di esse troviamo San Bruno, fondatore dell’ordine dei Certosini e San Lorenzo, a cui è dedicato il complesso e di cui si ha il richiamo nella struttura a forma di graticola su cui il santo fu bruciato vivo.

Lasciata la Corte esterna, si accede, dopo qualche passaggio, al Chiostro della Foresteria che prevede un portico al piano terra con fontana al centro e una loggiato al piano superiore, con gli alloggi riservati ai religiosi e agli uomini illustri. Vi sono, inoltre, una cappella dedicata a Sant’Anna e una torre dell’orologio. Il chiostro tutto richiama lo stile tardo manierista, mentre le pitture del loggiato superiore sono seicentesche e ripercorrono scene di vita agreste.

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Proseguendo vi è la Chiesa di San Lorenzo. La cura dei dettagli e quella bellezza che toglie il respiro sono ben visibili già dall’ingresso. Il portale in pietra risalente al 1500 fa da cornice al portone in cedro del Libano del XVI secolo. In alto a destra troviamo  scene del martirio di San Lorenzo con in basso la scritta, a lettere gotiche, Cartusiensis Ordinis. Sulla sinistra, invece, viene raffigurata la scena dell’Annunciazione e in basso la scritta Ave Maria Gratia Plena.

La Chiesa, di struttura trecentesca, è a navata unica e con volta a crociera, dove sono riportati affreschi che presentano scene del Vecchio e del Nuovo Testamento. Per quanto riguarda i riquadri a intarsi lignei degli stalli che compongono i due cori, nel Coro dei Conversi troviamo 24 stalli nei quali sono raffigurati figure di santi, vescovi e martiri, con schienali recanti scene di paesaggi e natura, mentre nel Coro dei Padri contiamo 36 stalli raffiguranti scene del Nuovo Testamento e storie di martiri. La datazione dei due cori lignei risale al XVI secolo e la pavimentazione su cui poggiano è in cotto e maiolica della seconda metà del ‘700.  Di notevole importanza è il maestoso altare del XVIII secolo realizzato in pietra dura, recante decorazioni policrome in scagliola e inserti in madreperla.

Alle spalle dell’altare vi era la Sagrestia, le cui pareti sono occupate dai grandi armadi in legno d’acero e noce, dove i padri riponevano i paramenti sacri. Ma a troneggiare è il Ciborio in bronzo che ha come base un altare con paliotto in scagliola e madreperla. Sul lato destro della chiesa vi è una serie di cinque cappelle a “infilata”, accanto alle quali troviamo la Sala del Capitolo e la Sala del Tesoro, l’una era adibita ad assemblee presiedute dal priore, l’altra era una sorta di cassaforte adibita alla custodia e alla protezione del corredo della Chiesa.

Andando avanti si incontra il Cimitero Antico, un chiostro dove i monaci venivano sepolti senza alcuna bara e con una sola croce a segnalare la presenza delle salme. Il piccolo cimitero è racchiuso entro un portico con balaustra in pietra. Proprio sul Cimitero Antico si affaccia la sala  del Refettorio, databile ai primi decenni del 1700.  In questa sala venivano consumati i pasti in religioso silenzio durante i giorni festivi. Sulla parete di fondo un dipinto a olio che raffigura le Nozze di Cana. Di particolare bellezza è anche la pavimentazione in marmi policromi e il pulpito da cui solo uno dei monaci poteva recitare una predica. Altro ambiente di particolare interesse è la Cucina, con un ampia volta a botte e con l’enorme cappa centrale. Le pareti della sala sono rivestite da una fascia di maioliche gialle e verdi che si trovano al di sopra delle mense. Un particolare affresco sulla parete di fondo, fa pensare che questa sala in origine potesse essere il Refettorio.

Proseguendo si giunge al Chiostro dei Procuratori. In stile barocco, il chiostro si compone di  un porticato al piano inferiore e di una galleria finestrata a quello superiore, piano questo che veniva riservato agli alloggi. Al centro un giardino con una fontana circolare in pietra ornata da un delfino e da animali marini.

Una delle ultime tappe della visita alla Certosa è il Chiostro Grande, imponente e magnifico, con i suoi 84 archi e i 15 mila metri quadri circa di superficie. Su due livelli, la sua costruzione è partita nella seconda metà del 1500 per poi concludersi nel 1700 circa. Al piano superiore troviamo la passeggiata coperta a cui si accede attraverso lo scalone ellittico a doppia rampa, progettato da un allievo del Vanvitelli e racchiuso entro pareti con  finestroni che si affacciano su giardino e paesaggio circostanti.

Al piano inferiore, il giardino con fontana in pietra, a forma di coppa, risalente al 1640 e il Cimitero Nuovo, risalente sempre al 1600 circa. Lungo il porticato troviamo gli appartamenti dei monaci, le cosiddette celle e in uscita l’appartamento del Priore, posto all’inizio della clausura. L’appartamento è composto da dieci stanze, due cortili, una cappella privata dedicata a San Michele e un giardino a cui si accede attraverso una loggia affrescata che immette nel parco sottostante. Quest’ultimo, in origine, era un orto comune di cui si prendevano cura i monaci.

Luoghi non visitabili, ma non per questo meno importanti, sono le Cantine e la Biblioteca. Quest’ultima presente un pavimento in maiolica, un soffitto decorato e circa due mila volumi, in origine erano decine di migliaia e comprendevano manoscritti, codici miniati e libri di vario genere. A essa si accede attraverso la particolare scala elicoidale in pietra che culmina in una balaustra, anch’essa delle stessa fattura.

Durante il periodo napoleonico gli ordini religiosi vennero soppressi e così la Certosa oltre a essere abbandonata dai monaci, venne spogliata di buona parte delle sue ricchezze, fra libri, tele, tesori d’argento e d’oro. Nel 1882 divenne patrimonio nazionale e a cavallo delle due guerre mondiali venne utilizzata come campo di concentramento e in seguito utilizzata come orfanotrofio. Nel 1982 è stata affidata alla Soprintendenza di Salerno e Avellino e nel 1998 è diventata Patrimonio dell’Unesco.

La Certosa racchiude in sé secoli di storia, arte e spiritualità. Come inno alla magnificenza che rappresenta, andrebbe “ascoltato” con cura e ripetutamente. Il suo valore e il suo splendore non sono polvere da nascondere sotto il tappeto.

di Giuseppina Dede

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