Ormai è evidente che viaggiare non solo può offrirci la possibilità di conoscere meravigliosi mondi nuovi, anche lontanissimi da noi e di raccogliere ricordi stupendi per la nostra vita, ma ha anche un potere terapeutico. In questo post, vi ho già parlato della trip therapy, la terapia del viaggio e di come possa diventare una ricetta per trovare o ritrovare la felicità interiore. Forse, però, sarete sorpresi di scoprire che il viaggio, utilizzato come terapia alternativa per i malati di Alzheimer, può aiutare a curare la mente, oltre che l’anima.
Ad oggi, infatti, non esiste un trattamento farmacologico per curare i malati di Alzheimer che, in Italia, secondo la ricerca di Censis, sono 600.000 (46 milioni nel mondo). Per affrontare questa malattia neurodegenerativa vengono, quindi messe in campo, delle terapie alternative, che se non guariscono il malato, possono essere decisive per rallentare quantomeno il declino cognitivo e funzionale e una delle ultime tecniche, considerate particolarmente efficaci, è quella della treno-terapia.
In cosa consiste la treno-terapia? Iniziamo con una premessa. Non si tratta di un vero e proprio viaggio in treno, piuttosto di un viaggio virtuale, all’interno di un vagone in stile retrò, che simula, appunto, un viaggio di 45 minuti durante il quale i pazienti, seduti tranquillamente su comode poltroncine, osservano un paesaggio riprodotto su uno schermo che dona pace e serenità e permette loro di calmarsi e di raccontare episodi della propria vita, placando il senso di ansia e di agitazione, tipico della malattia.
Nonostante la dimensione virtuale della terapia, tutto è studiato per fare in modo che sembri reale e che risulti “autentico” agli occhi dei malati di Alzheimer. Affinché questo avvenga si fa ricorso ad una procedura ben precisa, gestita da un operatore professionale e specializzato dalle prime fasi alla sua conclusione. Sarà lui ad invitare i pazienti a fare un giro, incoraggiandoli a prendere il treno, magari in compagnia dei loro parenti. La scelta della meta del viaggio, invece, è del “viaggiatore”. L’operatore propone solo delle alternative ma la lascia appositamente in sospeso, così da stimolare il paziente e le sue aspettative.

Oltre all’approccio spontaneo e alla scelta della destinazione, per fare in modo che tutto risulti credibile, sono inseriti nel viaggio dei passaggi realistici quali l’acquisto del titolo di viaggio in biglietteria, la possibilità di poter sistemare il proprio bagaglio, la presenza di altoparlanti nei quali viene trasmesso il messaggio del capostazione. Il viaggio virtuale rientra in un protocollo predefinito, comunque, niente è lasciato al caso e, soprattutto, non è una terapia impiegata in sostituzione alla soluzione farmacologica.
La terapia del treno è un’idea tutta italiana, pensata nel 2009 dallo psico-pedagogista italiano Ivo Cilesi, specializzato in Musico-terapia, che ha analizzato come il viaggio in treno sia in grado di agire in modo positivo sui disturbi comportamentali di cui soffrono i malati di Alzheimer, che, come racconta Cilesi in un’intervista a Repubblica, “hanno perso la memoria cognitiva, semantica, procedurale, ma quella affettiva, l’amore, rimane” ed intraprendere la treno-terapia, attraverso la stimolazione cognitiva ed emozionale, consente di ritrovarlo questo amore.