Penisola del Sinis, il paradiso selvaggio della Sardegna

Penisola del Sinis, il paradiso selvaggio della Sardegna

È difficile non innamorarsi di un posto come la Penisola del Sinis, in Sardegna, una vasta area marina protetta a 10 minuti dalla graziosa cittadina di Cabras, in provincia di Oristano. Lo stagno, la Peschiera di Pontis, il villaggio di San Salvatore sono tutti luoghi molto affascinanti e suggestivi che non puoi fare a meno di scoprire ed ammirare.

La Penisola del Sinis, però, è qualcosa di più di una penisola, di un lembo di terra sul mare, è un sogno, una visione e quando te la trovi davanti per la prima volta stenti a credere che esista al mondo tanta bellezza.

Penisola del Sinis: dove si trova

Questa penisola situata nella parte centro-occidentale della Sardegna rappresenta un’area marina protetta, la cui zona costiera, lunga circa 30 chilometri, fa di lei una delle più estese d’Italia. Di grande interesse storico e  naturalistico, comprende la piccola isola granitica di Mal di Ventre e lo Scoglio del Catalano e presenta una grande diversità di ambienti da quelli lagunari a quelli rocciosi che la rendono una splendida oasi naturale, arricchita da una ricca e variegata flora e fauna sia verso il mare che sulla terra, due elementi destinati ad un perenne incontro.

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Penisola del Sinis: cosa vedere

Torre di San Giovanni

Dalla torre di San Giovanni lo spettacolo è pazzesco. Viene istintivo chiudere gli occhi e riaprirli per essere sicuri che quello che stai vedendo è reale. La prima impressione che si ha è proprio quella di una continuità visiva tra il mare e la terra, il cui limite non può che essere incerto e continuamente da ridisegnare. Nella Penisola del Sinis terra e mare fanno all’amore e danzano seguendo il canto del vento, lasciandosi trascinare in un corteggiamento infinito tra spiagge sabbiose, imponenti falesie e onde del mare.

Spiagge della Penisola del Sinis

Terra di rara bellezza, la Penisola del Sinis è riuscita a sopravvivere al passaggio dell’uomo, mantenendo intatto il fascino dei suoi paesaggi naturali e antropici e la diversità sempre autentica con cui si mostra al passare del tempo e delle stagioni. Ne sono un esempio le sue splendide spiagge. Tra queste:

  • Is Arutas: Conosciuta anche come “Spiaggia di Riso” per la sua sabbia composta da piccoli granelli di quarzo colorati, Is Arutas è una spiaggia unica e affascinante. Le sue acque cristalline e la sabbia chiara la rendono una destinazione popolare per i visitatori.
  • Mari Ermi: Caratterizzata da una lunga distesa di spiaggia di sabbia finissima, Mari Ermi è un luogo ideale per coloro che desiderano godersi il mare in un’atmosfera tranquilla e incontaminata.
  • Putzu Idu: Questa spiaggia è rinomata per le sue acque basse e calme, rendendola una scelta ideale per le famiglie con bambini. La sabbia dorata e il mare cristallino la rendono perfetta per il relax.
  • Sa Rocca Tunda: Una spiaggia incantevole con una natura incontaminata circostante. È apprezzata sia per la sua bellezza naturale che per la tranquillità che offre ai visitatori.
  • Su Pallosu: Questa spiaggia è famosa per la sua atmosfera rilassata e i suoi colori vivaci. È circondata dalla natura selvaggia della regione e offre uno scenario ideale per una giornata di mare e relax.

Capo San Marco

Capo San Marco, un affascinante promontorio nella parte meridionale della penisola del Sinis, costituisce la maestosa chiusura settentrionale del golfo di Oristano, regalando uno spettacolo naturale unico in Sardegna. Questo lembo di terra, orientato lungo l’asse Nord-Sud, culmina in una scogliera a picco che ospita il suggestivo faro di Capo San Marco.

Inserito nell’Area marina protetta del Sinis, nel territorio del comune di Cabras, Capo San Marco è arricchito dalla presenza di antichi insediamenti, testimoni silenziosi della storia che permea questo luogo. La bellezza del paesaggio, con la scogliera che si tuffa nell’azzurro del mare, cattura l’attenzione di chiunque si avventuri in questa zona.

Area archeologica di Tharros

La presenza umana è comunque percepibile attraverso le rovine dell’area archeologica di Tharros, con il suo villaggio nuragico e le rovine fenicie che ne testimoniano un’intensa attività nel passato. Questo sito archeologico di Tharros corrisponde ad un antico villaggio nuragico, occupato prima dai fenici nell’VIII secolo a.C. e conquistato poi dai romani tra la fine del VI secolo e il 238 a.C., anno della conquista romana dell’isola.  Ritrovarsi di fronte a secoli e secoli di storia è un’emozione indescrivibile e camminare tra i resti di quella che un tempo è stata un’importante città fenicia ti fa sentire come catapultato, all’improvviso, in un passato quasi mitico.

Inizialmente la fondazione della città di Tharros si attribuiva ai Fenici, tesi che è stata poi rivista in seguito ad una scoperta molto importante: Su Muru Mannu, un muro sommerso, in seguito all’innalzamento del livello del mare, della lunghezza di 100 metri circa facente parte di una  complesso di tipo portuale dalle caratteristiche ben più antiche. Da quel momento l’ipotesi che si tratti di un insediamento nuragico presente nell’età del bronzo è diventata la più accreditata.

Proprio sul Su Muru Mannu dell’attuale sito archeologico di Tharros, i fenici vi crearono un tofet, un particolare tipo di santuario all’aperto posto entro le mura dell’insediamento e non fuori come, invece, avveniva per le necropoli. Unico nel suo genere in tutto il Mediterraneo, il tofet veniva utilizzato dai fenici per scopi propiziatori e riti collettivi che consistevano nel sacrificio di neonati morti, feti e bambini morti in tenera età, piccoli animali oppure entrambi. Le loro ceneri venivano poste in un’urna chiuse con un coperchio e appoggiate sul terreno.

Donare le ceneri dei propri figli alla divinità era un gesto molto significativo per le credenze del tempo. Secondo le fonti archeologiche, si trattava di offerte al dio Baal-Ammone per grazie ricevute o da ricevere probabilmente proprio riguardanti la nascita di un bambino sano. A quel tempo la mortalità infantile era molto alta e riuscire a concepire un bambino in salute era considerato molto importante soprattutto se quel bambino avrebbe avuto il ruolo di erede all’interno della famiglia.

La città fenicia di Tharros è stata definitivamente abbandonata nel 1070 d.C. quando il Giudice Orzocco I de Lacon-Zori decise di trasferire la capitale nella vicina Oristano la sede vescovile e tutta la popolazione, portandosi dietro i resti dell’antica colonia fenicia. Di questo interessante passaggio storico, resta un celebre detto “e sa cittad’e Tharros, portant sa perda a carros“, che tradotto letteralmente significa “dalla città di Tharros portano le pietre coi carri”.

Oggi l’area del sito archeologico di Tharros è un museo open-air aperto al pubblico ma tuttora continuano le operazioni di scavo e, quindi, le ricerche sulla storia passata di questa antichissima città. Entrando nel sito, è possibile vedere i resti di alcune strutture interessanti come le terme, il tophet, le terme, le fondamenta del tempio e una parte delle case e delle botteghe degli artigiani, appartenenti soprattutto ad epoca romana. Tutti i ritrovamenti sono conservati e visibili presso l’Antiquarium arborense a Oristano e il Museo archeologico nel comune di Cabras e a Cagliari, presso il Museo archeologico nazionale di Cagliari.

Peschiera di Pontis

A queste si aggiungono le costruzioni recenti della peschiera di Pontis e altre strutture limitrofe.

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Penisola del Sinis: dove dormire

Visitare la Penisola del Sinis è come entrare in un mondo fuori dal tempo in cui riuscire a lasciarsi tutto alle spalle e immergersi completamente nella contemplazione e ammirazione della natura almeno per un paio d’ore. Che bello sarebbe se ognuno di noi avesse una piccola Penisola del Sinis dietro casa dove potersi rilassare nelle giornate di sole o rifugiare quando il nostro spirito è in burrasca. Sarebbe fantastico avere sempre a disposizione quel senso di pace e di amore che si percepisce avvicinandosi a questo incantevole tratto di costa.

3 commenti su “Penisola del Sinis, il paradiso selvaggio della Sardegna”

  1. Ammirare qst immagini accompagnate da descrizioni dettagliate e sentite realmente (per me) significa “rinascere – rivivere – riassaporare…” tutto ciò che scoprivo e nel contempo avrei voluto che facessero ianche i miei allievi. Purtroppo a volte sia per l’età che per distrazioni si crea un “velo” negli occhi e nel cuore, che oscura la bellezza del creato. Oggi, però, Marianna rinvigorisce il tutto: lei scopre, vive e crea “amore” vero con le sue parole. Brava Mary, complimenti!

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