Tre cose ci sono rimaste del Paradiso: le stelle, i fiori e i bambini. Dante Alighieri
Nonostante le contraddizioni che ruotano intorno alle donne giraffa della Thailandia e di cui parlerò in seguito, credo che si possa comunque trovare del buono in una visita ai villaggi di queste tribù. Io almeno l’ho trovato… negli occhi di un bambino che chiamerò Thai. Thai ha circa 2 anni e vive nel villaggio delle donne giraffa di Thaton, a nord di Chiang Rai. Ha degli occhi bellissimi e grandi… ti ci perdi dentro a guardarli.
Quando arriviamo in massa verso di lui ci accoglie con un grande sorriso. Non ci conosce ma ci sorride e, come il sorriso della Thailandia, anche il suo è contagioso. Qualcuno gli scatta delle foto, altri lo guardano incuriositi ma la maggior pare si tiene a dovuta distanza (hanno paura che morda?). Thai, però, vorrebbe giocare con noi e quegli sguardi fissi su di lui un po’ lo intimoriscono. La sua attenzione si posa su questo strano strumento, la fotocamera, che tutti maneggiano con velocità e che puntano verso di lui come se fosse un fenomeno da baraccone!
Mi siedo vicino a lui, gli sorrido e lo saluto con la mano. Lui ricambia il sorriso. Tra le mani stringe un piccolo oggetto di plastica, gli chiedo di darmelo ma non può comprendermi. Così glielo prendo con dolcezza e lui, lievemente preoccupato ma senza dire una sola parola osserva serio ogni mio minimo movimento. Cerco di fargli capire che sto per lanciarglielo… e di tenersi pronto! Thai accenna un sorriso e resta in attesa della prossima mossa.
Allora conto fino a tre e gli lancio il giocattolino. In quel preciso momento scoppia in una risata fragorosa e alza le braccia in segno di euforia e continua a ridere, tantissimo. Andiamo avanti così per tre, quattro volte. Glielo lancio, lui ride, lo riprendo lo rilancio etc. Un verso spasso! Al mio quinto tiro succede una cosa meravigliosa. Gli tiro il giocattolino e lui, come sempre, ride di gusto ma stavolta, prima che io possa riprendermelo, lo afferra per primo.
A quel punto mi guarda intensamente e mi sorride come a dire “guarda che ho capito il gioco, so cosa fare” e tende la sua manina verso di me porgendomi l’oggetto per continuare a giocare. Intanto, il gruppo è andato via e sta visitando altre zone del villaggio. Mi sento chiamare, fra poco dovremo rimetterci in marcia e non c’è più tempo per stare con lui ma Thai sta aspettando e trovo il tempo per un ultimo tiro.
Prendo il giocattolino dalle sue mani e lo rilancio. Ennesima risata fragorosa per Thai che è sempre più divertito. E non è il solo a divertirsi ma io, purtroppo, devo andare! Gli sorrido e mi alzo, facendogli ciao con la mano! In quel momento esatto, Thai smette di sorridere. “Devo andare” gli dico “mi dispiace” ma non c’è bisogno di spiegarglielo. Lui lo ha già capito e un’espressione delusa si impadronisce del suo volto.
Appena mi allontano vedo il suo visino farsi sempre più triste, i suoi occhi mi seguono da lontano e sembrano dirmi “torna a giocare ti prego” e questa scena mi si inchioda nella mente e nel cuore e non potrò mai dimenticarla. Mentre vado via mi commuovo e piango. Piango perché non vorrei lasciarlo e mi piacerebbe rimanere con lui e mi commuovo perché, nonostante tutto quello che gli manca, Thai è un bambino felice. La sua infanzia semplice e genuina non ha niente da invidiare a quella dei suoi coetanei occidentali.
Anzi, semmai è il contrario.
Ciao Thai, sii felice!