Cosa vedere a Padula e dintorni: 5 posti da non perdere

Il piccolo borgo di Padula, a sud di Salerno e ai confini con la Basilicata, compreso nel Vallo di Diano è sicuramente una delle tappe imperdibili per chi decide di visitare la Campania. Addentrandosi nei suoi vicoletti si scopre che la pietra e il passato nascondono luoghi ricchi di memoria e di tradizioni. Nel paese e nei suoi dintorni, infatti, sono molti i musei, le chiese e i siti storici da visitare. Di solito si tende ad associare Padula con la Certosa di Padula o di San Lorenzo ma da visitare c’è molto altro. Ecco per voi i miei consigli su cosa vedere a Padula e dintorni per scoprire e lasciarsi incantare da questo incantevole angolo di paradiso.


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Cosa vedere a Padula e dintorni

1. I musei di Padula

Museo del Cognome di Giuseppina Dede

Iniziamo da qualcosa di curioso e originale: un piccolo museo, il Museo del Cognome. Il Museo del Cognome è nato qualche anno fa dalla passione per la genealogia del Direttore Michele Cartusciello, cultore della storia e della tradizione locali. Tale museo è nascosto tra antichi palazzi  e perle storico – artistiche nella parte alta del borgo antico. Il desiderio di creare l’albero genealogico della propria famiglia, ha condotto lo stesso Michele Cartusciello a frequentare Archivi Comunali, Parrocchiali e Archivi di Stato, facendolo affermare come ricercatore archivistico e portandolo così alla scoperta di circa 500 ceppi familiari con relativa stesura di tavole genealogiche ascendenti e discendenti, e storie di famiglia.

Alcune di queste famiglie sono state anche oggetto di appuntamenti annuali, tutti denominati “Festa del Cognome”. Si tratta di raduni dedicati a famiglie che portano lo stesso cognome, comprese le varianti, gruppi che nell’arco di un’intera giornata, hanno avuto l’occasione di scoprire e conoscere parentele inaspettate nella cornice del borgo padulese. I ceppi familiari finora interessati sono stati quelli dei Padula, Pinto e Sarli. Il  Museo, al suo interno, regala un percorso che si snoda fra schemi e riproduzioni di atti di nascita, atti di morte, atti di matrimonio, tratti dagli archivi civili e datati 1800 e poi sempre copie di  atti di nascita, atti di morte e atti di matrimonio, tratti dagli archivi parrocchiali e datati 1600.

Inoltre, si possono ammirare immagini degli atti notarili con testamenti e patti matrimoniali di circa quattro secoli fa. Di rilevante importanza sono anche le riproduzioni di alcune liste d’imbarco di Ellis Island, con esempi di successiva naturalizzazione di emigrati, e con i censimenti degli anni ’40. Da non tralasciare il percorso dedicato al passato padulese con l’esposizione di alcune foto antiche del paese e immagini dei compaesani emigrati. Al suo interno, sono presenti anche una piccola biblioteca con testi riguardanti la storia locale e annessa postazione internet, a disposizione di chi è alla ricerca di qualche curiosità o semplicemente di chi è desideroso di conoscere le proprie radici.

Presso lo stesso Museo in Via Largo Municipio 8 è ora possibile visitare ancge la nuova sezione “Uomini Illustri”. Qui sono raccolti atti e liste di imbarco che svelano notizie sulle origini di alcune personalità internazionali, nazionali e locali tra cui: Papa Francesco, Garibaldi, Pirandello, Verga, Montessori, Quasimodo, Leopardi, Matteotti, Petrosino, Marone, Valente, Sinatra, De Niro, Stallone , Elvis Presley , Chaplin, Stan Laurel e Oliver Hardy, soltanto per citarne alcuni. Per avere maggiori info e saperne di più su questo particolare museo, visitate direttamente il sito  museodelcognome.it oppure la pagina Facebook Museo del cognome ad esso dedicata.

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Museo Civico Multimediale di Stefania Melito

Un’antica abitazione in pieno centro storico, una casa del 1800 costruita nel cuore dell’antica municipalità cittadina lambita da stradine strette e caratteristici vicoli, un classico portone d’ingresso circondato da un portale in pietra: questo è il Museo Civico Multimediale di Padula, a sud-est della provincia di Salerno, nel Vallo di Diano. Si potrebbe pensare che sia il ritratto di una tipica casa di un tipico centro del Mezzogiorno, ma entrando all’interno ci si accorge ben presto che non vi è nulla di più sbagliato.

La storia che questa casa racconta è presentata, infatti, attraverso le più moderne tecnologie ed è proprio su questo gioco fra antico e moderno, fra antiche tradizioni e nuove idee, che si basa il Museo Civico Multimediale di Padula (dove sorge anche la celebre Certosa di San Lorenzo). Progettato dall’architetto Fabrizio Mangoni, intende rendere omaggio alla storia e alle storie di Padula, del Vallo di Diano e dell’intera Nazione. Il percorso espositivo totalmente virtuale ed articolato su due piani, si snoda attraverso le vicende di questo quasi sconosciuto comprensorio utilizzando l’archeologia e la storia come chiavi di lettura.

Al piano inferiore del Museo Civico Multimediale, dopo un “sorprendente” saluto da parte del padrone di casa, la narrazione comincia esplorando, tramite armadi parlanti, la storia delle testimonianze archeologiche ivi ritrovate: si mescolano, così, Spartaco, i greci, l’antica via Popilia che collegava Capua e Reggio Calabria, tesori ritrovati casualmente e tanto altro. Si va a comporre così il mosaico di una zona oggi poco conosciuta (il Vallo di Diano), ma 50.000 anni fa crocevia di popoli che vi lasciarono usanze, culture e lingue. Tutto ciò, insieme alla storia della vallata da sempre condizionata fortemente dall’acqua, serve ad introdurre il piano superiore, ove dalle storie si passa alla Storia vera e propria, che ha interessato in maniera evidente e spesso cruenta il Sud Italia tra il 1799 e il 1857.

Il percorso è sapientemente studiato, tocca vari aspetti delle tante rivoluzioni che hanno a più riprese illuso con speranze di libertà i popoli di Padula e dei paesi vicini, fino ad arrivare alla storia nazionale e alla sfortunata vicenda di Carlo Pisacane, venuto a liberare il Mezzogiorno d’Italia e trattato come il peggiore degli oppressori. Da spettatore, a questo punto, il visitatore del Museo Civico Multimediale si trasforma in attore principale, grazie ad un originale “processo” interattivo ove, dopo aver ascoltato testimonianze dell’epoca e non solo, si può scegliere se schierarsi a favore di Pisacane o contro. Un gioiellino del Sud, un doveroso omaggio alla storia di un popolo e alla vicenda di un uomo e dei suoi trecento valorosi compagni che

…sceser con l’armi e a noi non fecer guerra, ma si inchinaron per baciar la terra“.

2. La Certosa di Padula

Ex monastero, oggi uno dei complessi monumentali più grandi dell’Italia meridionale, patrimonio UNESCO e tra i più vasti in Europa. La costruzione, iniziata per volere di Tommaso Sanseverino nel 1306, durò fino al ‘700. Dall’atrio, dominato dalla grande facciata barocca, si passa alle scuderie, alle officine, alla farmacia e alle cantine. La chiesa conserva gli altari con le raffinate decorazioni policrome in scagliola con inserti in madreperla, gli affreschi del XVI – XVIII secolo, il pavimento a maioliche settecentesche, i cori lignei intagliati e intarsiati del primo Cinquecento.

Magnifico lo spettacolo del chiostro grande: iniziato nel ‘500 e terminato alla fine del ‘700, presenta due ordini di portici e ben 84 archi. Lungo il portico si aprono i quartieri dei certosini ed in fondo, in una torre ottagonale, lo scenografico scalone ellittico. Il chiostro, con i suoi circa 15.000 metri quadrati, è uno dei più grandi del mondo. Oggi la Certosa è di proprietà dello Stato Italiano ed è gestita dalla Direzione regionale Musei Campania.

Ne abbiamo parlato qui in un articolo tutto dedicato alla Certosa di Padula!

3. Battistero Paleocristiano di San Giovanni in Fonte

Partendo dalle porte del paese si potrà visitare liberamente il Battistero Paleocristiano di San Giovanni in Fonte, unico al mondo costruito su una sorgente d’acqua usata per i battesimi.

5. Chiesa di San Vincenzo Ferrer

di Stefania Melito

Un piacevole pomeriggio appena tiepido, la curiosità di esplorare zone sconosciute del proprio paese, Padula, in provincia di Salerno. In lontananza, su un muro dove due gattini si crogiolano beati ad un pallido sole, si eleva timida una croce. Man mano che ci si avvicina prende corpo e forma, quasi naturale proseguimento di un giardino chiuso da un cancello, la facciata di una chiesetta, su cui fanno bella mostra due finestrelle prive del vetro ed un’iscrizione in latino, mezza cancellata dal tempo, una data, 1756… La chiesa dedicata a San Vincenzo Ferrer.

La curiosità, insana e piacevole compagna di viaggio, prende il sopravvento, e spinge a volgere il capo ed il corpo in tutte le direzioni alla ricerca di uno spiraglio, un buco qualsiasi da dove poter sbirciare all’interno. Commossa, o semplicemente incuriosita da questi comportamenti, una gentile signora fa capolino dalla porta dirimpetto e magicamente estrae le chiavi della chiesa, invitandoci ad entrare ma nel contempo avvisandoci di stare attente perché la chiesa è pericolante; dopo uno stridulo suono di cardini arrugginiti la porta si apre, svelandoci un vero e proprio tesoro.

La chiesa, ad un’unica navata, mostra i segni di una passata e sfolgorante bellezza nelle elaborate decorazioni dell’altare, nelle cornici che tutto intorno scandiscono la lunghezza e l’altezza delle pareti e che, prima degni completamenti di stupendi affreschi, ora occhieggiano solitarie e sconsolate l’incauto visitatore. Una traccia di blu corre ancora lungo l’altare e porta l’occhio verso la statua di san Vincenzo, in piedi sotto l’edicola che doveva contenerla un tempo, che dal suo posto sembra quasi commuoversi per la sorte del luogo dove si trova.

Dirimpetto all’altare c’è il loggiato del coro, ove un organo ligneo a baldacchino mostra fra la polvere tracce di rosso e dorato sulle sue ante, che chissà da quanto tempo non vengono aperte. Completano il ritratto di questo degrado una enorme cornice rettangolare decorata a palmette appoggiata sui banchi privata della sua tela (ci viene spiegato che l’Annunciazione che conteneva si trova ora nella chiesa madre) ed enormi crepe che corrono lungo gli angoli della chiesa, facendo intravedere l’azzurro del cielo; nel buio vicino alla porta, un’acquasantiera in marmo nero sormontata da un viso.

All’esterno è possibile vedere come il tetto sia “slittato” verso destra, andandosi ad appoggiare al muro della casa affianco: un gatto improvvisatosi custode miagola pigro nei nostri confronti, stupito forse di vedere gente laddove tutto è silenzio ed erbacce. La nostra guida ci dice che il parroco ha promesso di far rifare almeno il soffitto ed il tetto, ma è impossibile non pensare con sgomento alla magnificenza che si trova dietro quello sfacelo. Ecco, la porta si richiude e la signora, novello Cicerone, prima di salutarci ci indica una casa poco distante, il cui portale è sormontato dallo stemma di un vescovo, e a cui apparteneva la chiesa che or ora ci ha finito di mostrare.

Ce ne andiamo silenziose, con negli occhi le immagini di quella chiesetta, con la volontà di fare qualcosa e lo sgomento del non sapere cosa fare. Ci rendiamo conto che avere occhi e risorse per curare tutto sia impossibile, ma ci chiediamo quale donna, pur avendo tanti gioielli, non perda almeno un po’ del suo tempo a cercare di riportare all’antico splendore un piccolo anello che, pur ricoperto di polvere, ha ancora la forza di emanare qualche debole bagliore.

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