Sindrome di Wanderlust: la malattia di chi ha sempre voglia di viaggiare

La chiamano sindrome di wanderlust e sì suona proprio come una malattia. Ed effettivamente un po’ lo è. Non di quelle brutte per fortuna ma anzi al contrario, una dipendenza che non può che farci bene. Ma cos’è la sindrome di wanderlust? Una pazza, incontenibile ed irrefrenabile voglia di viaggiare che ci rende desiderosi di partire e ripartire ogni volta per una nuova destinazione o forse ci mostra solo per quello che siamo sempre stati, ovvero dei malati di viaggio.

Sindrome di Wanderlust: la malattia di chi ha sempre voglia di viaggiare

Ma questa voglia di viaggiare così patologica, può arrivare come non arrivare mai. Puoi passare anni a cercarla, a volerla oppure ignorarla del tutto ma se il destino ti porta a lei non potrai che accoglierla nella tua vita e cercare di conviverci. E conviverci non è facile. La voglia di viaggiare è come una forza magnetica che ti trascina a se anche quando non potresti, anche quando… non vorresti. Come le sirene di Ulisse, riesce ad incantarti e ogni altra cosa al suo cospetto diventa di secondaria importanza.

Wanderlust: infinita voglia di viaggiare

Un giorno ti svegli e capisci che il momento è arrivato: il momento di andare, il momento di partire per scoprire cosa c’è oltre i confini del tuo mondo. Ad ogni ritorno aumenta la voglia di viaggiare, non si esaurisce mai. Più viaggi e più ti rendi conto dell’inafferrabilità del tempo e dello spazio e di quanto sia illusorio pensare di poter comprendere, con un viaggio, anche solo una piccola parte del pianeta Terra. Ma non puoi farci niente. Puoi solo convivere con la voglia di viaggiare comprendendo, prima o poi, che non potrai mai soddisfarla pienamente né metterle fine.

La voglia di viaggiare diventa quindi piano piano una bellissima dipendenza da cui non puoi (e non vuoi) guarire. Sai di esserne ormai affetto quando non c’è giorno che passi senza aver fantasticato, almeno una volta, sul prossimo luogo da visitare, magari dall’altra parte del mondo, per conoscere una cultura nuova, lontana e affascinante. Sei diventato viaggio-dipendente, esserlo ti rende felice ed così che, se da un lato crea dipendenza, dall’altro il viaggio diventa un’efficace terapia per ritrovare se stessi.

The irresistible desire to wander

Ma la wanderlust non è solo quella dei viaggi reali e geografici è anche quella di chi finisce per viaggiare con la mente oppure di chi ama rivivere i ricordi di quanto vissuto mentre era in terra straniera, attraverso video, fotografie e ovviamente racconti di viaggio, come quelli che trovate in questo blog. E devo ammettere che scrivere di viaggio, proprio come viaggiare, è bellissimo: raccontare e condividere con altri le proprie esperienze dona loro un valore aggiunto che non potrebbero mai acquisire se le tenessi solo per me.

La sindrome di wanderlust è tutto questo e molto di più. Difficile dire dove inizia e dove finisce. Molto più semplice cercare di spiegare cosa non è perché dentro questa voglia di viaggiare c’è un immenso irresistible, uncurable desire to travel or wander, come si legge nella definizione data dal dizionario inglese Oxford, che può assumere forme diverse senza però cambiare natura. Una dipendenza dal viaggio così forte, insomma, da diventare una sindrome che costringe chi ne è affetto a desiderare continuamente di partire e scoprire nuovi paesi e nuovi mondi.

Malati di viaggio: si nasce o si diventa?

Ho letto spesso che viaggiatori si diventa. È vero, non so se sia una regola universale, ma per me è stato così. Si può scegliere di fare il turista per tutta la vita, o ad un certo punto si può scegliere di guardare al viaggio con occhi diversi; semplicemente spalancandoli, senza filtri. Viaggiare è un esperienza che coinvolge a 360°; prima, durante e dopo, perché se è comprensibile l’eccitazione dei giorni pre-partenza, la gioia, la curiosità, l’emozione, l’interesse del durante, non bisogna dimenticare, anzi per me è fondamentale, la metabolizzazione del dopo.

Personalmente infatti mi piace molto riflettere, anche dopo tempo, sui viaggi che ho intrapreso, perché solo dopo averli interiorizzati diventano miei al 100%, ed è solo allora che, mi rendo conto, di cosa mi è concretamente rimasto dentro, quale nuova ricchezza ho apportato alla mia persona. Viaggiare significa far lavorare i propri sensi al massimo delle loro capacità, non c’è odore o cattivo odore, non c’è cibo, non c’è sfumatura, non c’è tradizione, non c’è melodia che sfugga a chi, come il viaggiatore, si muove con la testa leggera, sgombra di pregiudizi, pronta solo ad “accogliere”; senza cadere nella banale trappola del giudizio, con massimo rispetto ed umiltà, accettando le cose semplicemente per quello che sono: diverse.

Il gene responsabile della Wanderlust

Eppuire una risposta contraria arriva scienza che pare abbia scoperto un gene molto potente che alcune persone posseggono e che causa la sindrome di Wanderlust. Sembra infatti che questa malattia del viaggio sia dovuta alla variazione nel gene DRD4, che agisce direttamente sui livelli di dopamina nel cervello e che prende il nome di 7R. Queste variazioni possono intaccare il comportamento delle persone, rafforzando il desiderio di curiosità e l’irrequietezza.

A causare questa “malattia” del viaggio è, dunque, proprio la dopamina, ormone che crea dipendenza e che spinge le persone a desiderare in modo irrefrenabile di esplorare posti sempre nuovi e diversi. E chi possiede la maggior percentuale del gene DRD4-7R? La popolazione americana del nord e del sud, il cui patrimonio genetico deriva dagli Europei, non a caso i primi e i più grandi esploratori del mondo. Insomma malati di viaggio si nasce, non si diventa. E tu, ce l’hai il gene del wanderlust?

Viaggiare è una predisposizione mentale

Il viaggio è il più genuino strumento di crescita, di confronto, di scambio, di condivisione, viaggiare è la migliore scuola di formazione che esista, e non è detto che tutto sia sempre bello, sempre facile, sempre come ce l’aspettavamo, ci sono difficoltà, delusioni, momenti di solitudine. Il viaggio è democratico, si adatta alla disponibilità economica di ciascuno, e al tempo libero di cui si dispone, non occorre infatti, obbligatoriamente andare dall’altro capo del mondo, perché viaggiare è una predisposizione mentale. Viaggiare insegna a riconoscere e apprezzare l’unicità dei posti, ma non solo, viaggiare insegna ad apprezzare ciò che si ha.

Insegna a cogliere il meglio della propria terra, a sminuire o ridimensionarne i difetti, insegna anche quanto sia pieno di valore il nostro quotidiano e quanta magnifica armonia si celi anche dietro i giorni scanditi da cadenza regolare. Esiste credo (o almeno per me è decisamente così), una vera e propria saudade da viaggio; La voglia di viaggiare crea dipendenza, ed è una dipendenza fisica e mentale, è una fame ingorda che non accenna a saziarsi e si alimenta di continuo attraverso progetti, idee, curiosità che si concretizzano sempre e comunque con un nuovo viaggio.

Il ritorno ci avvicina al nuovo viaggio

Come Dottor Jekyll e Mister Hyde, di ritorno da un viaggio una parte di noi è appagata, entusiasta, felice, ma un’altra parte è già in fermento, nuovi stimoli e riflessioni, nati proprio durante il nostro ultimo soggiorno, ci spingono oltre, ci portano a porci nuove domande, nuove curiosità insorgono, e senza neanche accorgercene, tempo zero, siamo già proiettati altrove, è un piacevole cane che si morde la coda! E così di itinerario in itinerario, di percorso in percorso, come gitani dall’animo irrequieto, finiamo per lasciare una parte di noi in tutti i luoghi che abbiamo avuto la fortuna di vedere.

Lo stato di pace e benessere, invece, è senza dubbio tra le calette e i borghi della mia Sardegna;  il mio stupore nella coloratissima e armoniosa Singapore, ma anche nella trasgressiva Londra, il mio olfatto è ancora perso tra vicoli dei mercati asiatici ma anche in quelli napoletani, la spensieratezza e l’affetto familiare sono in Grecia e a Parigi, e tanti altri ricordi e parti di me ho disseminato tra i campi della toscana, nelle più belle città della Romagna, in Spagna, in Germania, in Polonia, in Thailandia, in Kenya. Il mio cuore non ha più una fissa dimora perché è continuamente alimentato dal viaggio, il motore della mia vita.

2 commenti su “Sindrome di Wanderlust: la malattia di chi ha sempre voglia di viaggiare”

  1. Monica I Viaggi di Monique

    Il mio compagno ormai pensa che sia bipolare! Al ritorno da un viaggio sono entusiasta per ciò che ho visto e pochi minuti dopo ho le lacrime agli occhi perchè il viaggio tanto atteso si è già concluso. E’ vero si ha dipendenza, io ogni anno ho sempre una meta da sogno come obiettivo, ma a volte le cose non vanno sempre come devono, ma colgo le nuove mete sempre con grande piacere. Viaggiare amplia gli orizzonti vero, ma a in particolare dona una tranquillità che spesso qui a casa si perde nel quotidiano. Per me non c’è rimedio, appena sveglia consulto di più i siti dei voli aerei a caccia di offerte che l’oroscopo 😉 Buoni viaggi Monica – I Viaggi di Monique

    1. Marianna Norillo

      Cara Monica, benvenuta nel mondo di chi, come noi, non può fare a meno dei viaggi e soprattutto la mattina mentre sorseggia il caffè già consulta i voli!! come ti capisco!!

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