bangsal porto indonesia lombok

Come sopravvivere a quell’inferno chiamato Porto di Bangsal

Bangsal inferno, Bangsal porto di mare, Bangsal delirio puro, Bangsal, uno dei principali approdi e/o zone di passaggio dell’Indonesia per la maggior parte dei turisti di tutto il mondo che per chi viaggia tra Bali, Isole Gili e Lombok diventa un vero e proprio punto strategico, impossibile da aggirare. Perciò, anche noi, come tanti, per raggiungere la località di Sengiggi, sull’isola di Lombok, penultima tappa delle nostre 3 settimane nel sud est asiatico siamo stati costretti a passare di qui.

Per praticità, direttamente su Gili Air avevamo acquistato un servizio di trasporto “traghetto + bus” che ci avrebbe permesso a pochi euro di raggiungere Sengiggi senza dover contrattare con gli autisti locali che, da quanto avevo letto nei forum, avevano una modalità di vendita piuttosto aggressiva con i loro potenziali clienti. Così dopo il breve tratto di mare, siamo approdati nel mare letteralmente di Bangsal, tendendo il nostro biglietto ben stretto tra le mani.

Quello che è accaduto dopo racconta uno spaccato di Asia assolutamente inquietante perché qui più che in altre parti più turisti che dell’Indonesia la corsa ad accaparrarsi turisti e mance è folle. Senza che ce ne accorgessimo due uomini hanno preso le nostre valigie e le hanno portate sulla spiaggia. Siamo scesi più velocemente possibile e loro erano lì che ci aspettavano per essere pagati per portarle in strada, a meno di un minuto da dov’eravamo noi per cui abbiamo rifiutato di pagare per qualcosa che non ci serviva.

La verità è che da un lato eravamo un po’ prevenuti per i racconti letti sul web ma quel comportamento ci aveva effettivamente indisposto dato che ci sembrava di essere trattati alla stregua di idioti che non sanno cosa fare e dove andare e per questo disposti a pagare qualsiasi cosa che gli venisse detta. Adesso lungi da me offendere gli altri passeggeri che erano sul traghetto, però, era chiaro che non sapessero che pesci prendere.

cidomo calesse isole gili indonesia

Noi, invece, consapevoli della situazione, eravamo un po’ sospettosi tant’è che, tornati in possesso delle nostre valigie, ci siamo messi alla ricerca del biglietto che un altro uomo ci aveva strappato dalle mani. Quando l’abbiamo trovato lui ci ha quasi spinto a salire sul cidomo, il tipico calesse trainato da cavallini che avevo già visto alle isole Gili e che ci avrebbe condotto al punto di partenza dei bus ma noi, sapendo che ci volevano pochi minuti a piedi, ci siamo rifiutati di salire.

Allora ci è stato detto che era lontano e che a piedi non ce l’avremmo mai fatta, in realtà mentivano, si trattava di un servizio di trasporto assolutamente superfluo ma il loro unico interesse era farci credere che lo fosse in modo da costringerci a pagare un’inutile corsa. Così abbiamo rifiutato per la seconda volta e abbiamo iniziato a camminare mentre gli altri turisti, visibilmente disorientati, salivano ignari del raggiro. Durante tutto il tragitto, siamo stati fermati da chiunque incontrassimo perché voleva offrirci un passaggio.

Tutti ci chiedevano con insistenza dove stavamo andando, se avevamo prenotato e quando rispondevamo di sì volevano sapere il nome della compagnia e vedere il nostro biglietto. Sono arrivati al punto di seguirci per la strada pur di venderci a tutti i costi un “passaggio” per la nostra destinazione. Alla fine non ci è accaduto niente di male e non posso dire di essermi sentita davvero minacciata ma eravamo letteralmente accerchiati e la pressione che ci facevano era molto fastidiosa.

Prima di quanto pensassimo, però, siamo arrivati al punto di raccolta e ad accoglierci abbiamo trovato uno dei vari tizi che nel tragitto ci aveva chiesto di vedere il biglietto ed era molto arrabbiato con noi perché apparteneva alla compagnia che ci avrebbe portato a Sengiggi e lo avevamo ignorato. Comprensibile certo se non fosse che, come lui, c’erano non so quante altre persone a farci la stessa domanda mentre camminavamo. La sua reazione era, dopotutto, il finale perfetto per questa storia assurda.

Per fortuna dopo una mezz’ora siamo saliti a bordo del nostro bus per raggiungere la località di Sengiggi e presto si sarebbe trasformata solo in un divertente ricordo. Ci aspettavano giorni di mare, di sole e di relax e non volevamo che il pensiero di quanto accaduto ci tormentasse anche se, devo esser sincera, questo lato così brutale del mondo asiatico mi aveva lasciata senza parole e con tanti interrogativi per i quali ancora oggi, a distanza di tempo, è difficile trovare una risposta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.